Trinità – Domenica 12 giugno 2022

PER LA RIFLESSIONE

P. Tarcisio Gejier – CERTOSA DI VEDANA 20.6.1976

Dio è un mistero per sé insondabile. Il vangelo secondo san Giovanni dice: Nessuno ha mai visto Dio. Un Dio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. Cioè: Gesù, il Dio incarnato, ci ha rivelato chi e quale è Dio. La fede cristiana che, pur si attiene decisamente all’unità di Dio, conosce in quest’unico Dio una triplicità: Padre, Figlio e Spirito Santo che attraverso il loro distinguibile agire salvifico vengono distinti fra di loro: un solo Dio dunque in tre persone. Questo Dio misterioso però non è rimasto un mistero chiuso in sé. Neanche il male e il peccato hanno potuto impedire a questo mistero di aprirsi a noi. Proprio come risposta al male, Dio ci guida verso la sua luce, proprio nella lotta di Gesù contro il peccato e la morte l’Infinito rivela il cuore del proprio mistero. Noi, da soli, tendiamo sempre a rappresentarci Dio come onnipotenza, amore e verità, ma come lontani ed inaccessibili. L’onnipotenza però di Dio rivela invece il suo vertice in Gesù che –Dio fattosi uomo – muore indifeso con noi e vince così la morte. E la bellezza di Dio è apparsa in Gesù sofferente e crocifisso come paradosso d’amore. La santità di Dio non è soltanto inaccessibilità infinita, ma contatto coi peccatori e assiduità verso coloro che egli vuol far nuovi convertendoli. In Gesù la verità di Dio non è un gelido conoscere universale, ma un qualcosa pieno di calore e che è un tutt’uno con l’amore e la fiducia. Dio non vuol venire trovato da noi attraverso un freddo calcolo, ma attraverso una fede che è comunione con lui nella luce, nella fiducia e nell’amore. L’onnipresenza di Dio non vuol dire che egli riempia in modo uniforme la vastità dell’universo, ma che vive invece con noi delle nostre gioie e dei nostri dolori. La rivelazione autentica di Dio mistero, uno e trino, si dimostra nell’esistenza umana piena di gioia e di sofferenza. Come realtà divina ricca di calore, umana, amichevole, e inoltre piena di amore più forte della morte. Per il fatto che Gesù ci conduce al Padre e che siamo riempiti di Spirito Santo, rimaniamo coinvolti in un mistero d’amore. Siamo, come dice la Scrittura, della famiglia di Dio, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il Figlio, Gesù di Nazaret, con la sua obbedienza alla volontà del Padre, con la sua passione e morte, e anzitutto con la sua gloria presso Dio. Questo suo destino esprime e contiene l’amore eterno tra il Padre e il Figlio. Dal Padre e il Figlio, lo Spirito Santo, che è il loro amore, di diffonde nel mondo e nei cuori degli uomini. Lo Spirito amore è uno col padre e uno col Figlio. Il mistero dell’amore trinitario di Dio rivela anche qualcosa del problema più profondo dell’uomo, fatto a immagine di Dio. Il mistero di Dio non è un mistero di solitudine, ma di convivenza, di creatività, di conoscenza, di amore, di dare e ricevere. L’esistenza umana è un poter partecipare a quello che è Dio, ossia all’amore. L’uomo è chiamato ad essere una esistenza d’amore, come quella di Dio. Un amore dunque che è creativo, che è luce e che è dono, anzitutto dono. Dice san Giovanni: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo dalla verità. O con le parole di Gesù stesso: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, tutta la tua mente, e – allo stesso modo – ama il tuo prossimo come te stesso. Fuori di questo amore-dono-di-sé non è possibile incontrare lo Spirito del Dio uno e trino. Per incontrare il Padre, bisogna incamminarci col Figlio crocifisso nell’amore dello Spirito Santo. E se abbiamo paura di questo angusto sentiero e se ci inciampiamo o anche cadiamo, allora le parole di san Giovanni ci incoraggiano:

Rassicureremo il nostro cuore dinanzi a Dio;

che se in qualche cosa il nostro cuore ci condanna,

Dio è più grande del nostro cuore.

….

Tutte le volte che pronunziamo l’enunciato della nostra fede trinitaria – un Dio in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo –, rischiamo di farlo diventare una formula algebrica, che ci tiene lontano dal mistero, e colloca la fede in una separazione netta tra sacro e profano. Eppure, la rivelazione trinitaria è proprio il superamento dell’idea del “sacro”, il chiuso dove vivrebbe Dio, e il “profano”, il tutt’altro da Dio, la nostra vita. […] Tutta la rivelazione biblica si presenta come lo spasimo del cuore di Dio per l’uomo. Gregorio Magno voleva che si leggessero le sacre Scritture proprio per imparare a conoscere il “cuore di Dio”: Disce cor Dei in verbis Dei… La Parola di Dio ascoltata è una scuola di conoscenza del cuore di Dio. (p. Benedetto Calati)


Dobbiamo cercare Iddio anche per un altro motivo: perché oggi gli uomini tendono a non cercarlo più. Tutto si cerca; ma non Dio. Anzi si nota quasi il proposito di escluderlo, di cancellare il suo nome e la sua memoria da ogni manifestazione della vita, dal pensiero, dalla scienza, dall’attività, dalla società; tutto dev’essere laicizzato, non solo per assegnare al sapere e all’azione dell’uomo il campo loro proprio, governato da loro specifici principii, ma per rivendicare all’uomo un’autonomia assoluta, una sufficienza paga dei soli limiti umani, e fiera d’una libertà resa cieca d’ogni principio obbligante, orientatore. Tutto si cerca, ma non Dio, Dio è morto, si dice; non ce ne occupiamo più! Ma Dio non è morto; è perduto; perduto per tanti uomini del nostro tempo. Non varrebbe la pena di cercarlo? Tutto si cerca: le cose nuove e le cose vecchie; le cose difficili e le cose inutili; le cose buone e quelle cattive, tutto. La ricerca, si può dire, definisce la vita moderna. Perché non cercare Dio? Non è Egli un «Valore», che merita la nostra ricerca? Non è forse una Realtà, che esige una conoscenza migliore di quella puramente nominale di uso corrente? migliore di quella superstiziosa e fantastica di certe forme religiose, che appunto dobbiamo o respingere perché false, o purificare perché imperfette? migliore di quella che pensa d’essere già abbastanza informata, e dimentica che Dio è ineffabile, che Dio è mistero? e che conoscere Dio è per noi ragione di vita, di vita eterna? (Cf Gv 17,3) Non è forse Dio un «problema», se piace chiamarlo così, che ci interessa da vicino? il nostro pensiero? la nostra coscienza? il nostro destino? E se fosse inevitabile, un giorno, un nostro personale incontro con Lui? Ancora: e se Egli fosse nascosto, per un interessantissimo gioco a noi decisivo, proprio perché noi lo abbiamo a cercare? (Cf Is 45,19) Anzi, sentite: se fosse Lui, Dio, Dio stesso, in cerca di noi? non è questo il misterioso e sovrano disegno della storia della nostra salvezza? quaerens me sedisti lassus (Cf Dei Verbum, 2).

(Paolo VI)