Ritrarsi per l’ascolto della sua Voce. Sono stagioni di grida e parole, di presenzialismo.Sono giorni, stagioni, ma è la storia, col suo carico di violenza, di morte, di disumanità ormai capillare…
Ritrarsi, Accogliendo la “nudità” della Sua Parola. Si batte la polvere per innalzarsi, ci si prostra a sguardo basso a tante Voci. Si inseguono le ultime novità, affannati, anche a dire di Dio. Ritrarsi e credere in Lui, nel Figlio, che “testimonia” la vita divina. Quanti, quali passi occorrono, e silenzio, per lasciargli posto nella vita…
TESTI TRATTI DA OMELIE E LETTERE DI PADRE TARCISIO GEJIER, MONACO CERTOSINO
Dio sa molto meglio di noi cosa occorre per noi per amare veramente e essere felici.
Dio immenso, eterno potrebbe spaventarci per la sua grandezza e trascendenza, se il Vangelo non ci parlasse di lui come di quel Padre di immensa bontà e di amore infinito. Egli è colui che al dolore procurato per la partenza del figlio risponde restando sempre in angosciosa attesa del suo ritorno, e stava spesso alla vedetta. Ed ecco, stavolta, vedendo il figlio già da lontano, si commuove, si mette a correre, si getta al collo del figlio e lo bacia. Così è Dio. Dio, pur essendo amore è tremendo mistero. Ma il suo dono a noi è espropriazione nel Figlio . Lui che avendo forma di Dio non reputò una preda l’essere uguale a Dio. Annientò invece se stesso, prendendo forma di schiavo, divenuto simile agli uomini, si umiliò fino facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte in croce. .
Dio è un Dio di grazia e di misericordia. Ha la tenerezza di un Padre, è padre di tutte le misericordie.
Ci riesce difficile credere che l’amore di Dio sia una cosa così “domestica” e familiare. Noi abbiamo di Dio un’idea molta alta, e ci è difficile poi pensare che Dio ci ami come un pastore ama le sue pecore, manifestando per esse delicatezza, tenerezza e domesticità del suo amore. Stentiamo a riportare questo amore divino abissale, che supera i vertici dell’immaginazione nel piccolo spazio delle nostre consuetudini quotidiane. Credere a questo amore tenero di Dio è un dovere. Ma saper accettare l’amore vuol dire essere umili, poveri. Chi è orgoglioso non accetta amori o li accetta solo in quando esprimono sudditanza. Per accettare l’amore ci vuole umiltà. L’amore dono di Dio non porta con sè l’ombra della dipendenza. Dio ci ama sì come Dio, infinitamente ma è l’amore del pastore divino, non offensivo per le pecore. Sappiamo dunque di essere conosciuti da Dio, benchè noi non lo conosciamo, se non parzialmente, nella misura del nostro amore, che è sempre così modesto.
Dio non ha bisogno di nulla. Non è per sè che chiede di fare la sua volontà, ma perchè vuole il nostro bene. Dio sa nella sua saggezza infinita che la nostra felicità si ottiene ad alto prezzo: la dimenticanza di sè. E’ questo il mistero del suo amore. Perchè chiedere qualcosa a Dio che già sa ciò di cui abbiamo bisogno?
Dio nella sua immensa bontà ha cura e premura per noi, anche se noi non lo domandiamo. La sua infinita misericordia ci previene. La risposta è che domandare qualcosa ad una persona amata è segno di fiducia, di amore. Ed è come una supplica. Il mistero dell’esaudire le nostre suppliche si trova proprio nella distanza infinita tra Dio e noi. Possiamo domandare e dobbiamo domandare molte cose a Dio, anche le cose più umili. Ma c’è una cosa che dobbiamo domandare sempre e con molta insistenza: venga il tuo regno. Si tratta della definitiva venuta di Gesù nella gloria, alla fine del mondo, di questo mondo così pieno di ogni forma di egoismo e sofferenza, di ingiustizia e di mancanza di amore. Quando Gesù verrà, rimarrà solo la gloria di Dio e noi in lui. Quando noi preghiamo: Signore venga il tuo Regno, chiediamo che si realizzi presto questa salvezza. Bisogna dunque pregare sempre e senza mai stancarci.
Talvolta sentiamo dire – o lo diciamo noi stessi – io ho pregato, ma a nulla mi ha giovato. E tuttavia ci è stato detto semplicemente: Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo e certamente lo otterrete. Colui che ha veramente capito questo invito non tacerà non vedendo esaudita la sua preghiera, ma pregherà ancora, sempre di Più. Domandate e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Così facendo l’uomo arriva ad un contatto con Dio che, ad un tratto, nella sua preghiera si inserisce questa preghiera più profonda: Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. La volontà di Dio è eccelsa e non può essere altro che amore. Ma “le mie vie sono lontane dalle vostre e i miei pensieri tanto più alti che i vostri pensieri. Perciò accade spesso che non vediamo come Dio ci esaudisca. A questo punto nessun esempio sarà più eloquente di quello di Gesù nell’orto degli ulivi. Gesù chiedeva di venire liberato dalla sofferenza del Venerdì santo, ma ottenne il trionfo del mattinod i Pasqua. Fu esaudito, ma su un piano più elevato. “non la mia, ma la tua volontà sia fatta.
Siamo sempre debitori davanti a Dio quando si tratta di amore: ma rassicuriamo il nostro cuore dinanzi a Dio; che se in qualche cosa il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro amore. Il mistero di Dio è aperto ai semplici: esso è il suo regno di salvezza e di redenzione. I semplici sono ancora i veraci, trasparenti e luminosi: a questi appartiene il Regno di Dio. Davanti a Dio vale un’altra misura. Fra grande e piccolo, tra attivo ed inerte. Ciaò che dall’esterno può apparire debole e indigente, interiormente è pieno di forza e vitalità. E’ la potenza della vita di Dio che opera nella nostra pochezza. Il pensiero di una nostra capacità nel costruire il Regno di Dio è un inganno pericoloso e contraddetto anche dalla storia terrena. La vita terrena di Gesù non ci lascia pensare ad una esistenza trionfale. La via battuta dalla chiesa non è altro che il cammino tracciato da Cristo povero, oberato della croce, insultato e candidato alla morte – potenza divina sì, – ma che tace. Quanto più duramente la chiesa viene sospinta in avanti sulla via crucis, tanto più vicino si trova Cristo.
SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
Noi non conosciamo tutto ciò che è bene per noi. Ma Dio lo sa benissimo e anche quando dobbiamo soffrire è sempre la sua mano amorosa che ci guida e il suo amore infinito che ci visita.
Bisogna avere sete della sua volontà. Sarebbe un male di non sentire più questa sete. Purtroppo è ancora vero che il cristiano può perderla. Si perde con una vita ripiegata su di sè, amando nè Dio nè il fratello, contentandosi di essere sazio di sè. La sete del cuore umano infatti è sempre una sofferenza e difficilmente l’uomo può portare questa sofferenza con umiltà e costanza. Perchè questa sete, questo desiderio del cuore possa rimanere aperto a tutte le offerte dell’acqua della grazia, ci vuole molta purezza del cuore, molto disinteresse, molto distacco dalle cose terrene, che pretendono di dissetare senza averne la capacità.
Eppure siamo così deboli e così incapaci di portare a lungo la sete profonda dell’amore alla sua volontà, che se Dio non ci dà la grazia di riconoscere l’acqua adatta, noi la degradiamo, abbassandoci su quella delle umane soddisfazioni. Siamo fatti per Dio e cerchiamo lui, è il mistero della sete del cuore umano.
Non c’è per la creatura altra alternativa che naufragare in questo abisso di salvezza o in quello della propria solitudine. La sua volontà è severa, esige e comanda. Mentre l’incredulità ci permette di indugiare nei nostri diletti in cui siamo adagiati come in una comoda dimora. Dio si rivela per amore, l’uomo crede per amore; e l’amore impone l’adesione ad un Dio che si rivela padre, fratello, amico, perdono, beatitudine. La fede è misteriosa, un salto nello sconosciuto. Vedere con gli occhi della fede è vedere con gli occhi di Dio. E questo cambia la nostra vita, la nostra maniera di amare e di sperare; la nostra maniera di soffrire e di essere felici. L’uomo non può mai impedire Dio di amarlo infinitamente.
NON FARCI ENTRARE IN TENTAZIONE….
Talvolta sembra che ci lasci soli; egli vuole, misurandoci da soli a soli con le difficoltà, che ci rendiamo maggiormente conto della nostra impotenza e insufficienza, e d’altra parte vuole esercitarci nella fede, nella fiducia in lui. Il Signore non ci abbandona, soltanto si nasconde e nasconde nell’oscurità anche l’opera sua. E’ allora il momento di credere, credere fortemente e attendere con umile pazienza e con piena fiducia. … Mentre non nega consolazioni sensibili e segni più o meno palpabili della sua presenza ad anime ancora titubanti nella fede, spesso conduce per vie del tutto oscure coloro che si sono dati a lui in modo irrevocabile e sulla cui fede sa di poter contare.
Dio è Padre, ad ogni anima che lo cerca con sincerità non nega quanto è necessario per sostenere la sua fede, ma spesso rifiuta ai più forti quello che concede ai più deboli.
Non siamo esenti dalla sofferenza, ma possiamo soffrire in maniera nuova. “Gesù ci chiede di portare il suo giogo”. Peso preparato dal suo amore. Non smisurato, ma adatto alla capacità di ognuno. In questo senso S. Paolo ha detto: Dio è fedele così che non permetterà che siamo tentati al di sopra delle nostre forze, ma al tempo stesso della tentazione ci assicurerà anche il successo, sì da poterla tollerare.
Il Dio incarnato crocifisso che conosciamo ci sembra vinto e impotente. Sappiamo che Gesù è risorto ma la nostra intelligenza è sbarrata e il nostro cuore pigro ed ottuso. Non riusciamo a penetrare la luce della Risurrezione.
Perciò Dio nel suo stesso amore infinito verso di noi rimane sempre vulnerabile. Noi non comprendiamo. Siamo rattristati e le parole rivolte ai discepoli di Emmaus potrebbero essere rivolte a noi: Stolti e tardi a credere. Non dovreste voi soffrire tutte queste cose – come io ho sofferto – ed entrare così nella gloria? Quando ci troviamo nella sofferenza stentiamo a credere, a sperare… E così il Cristo sofferente come il Cristo risorto ci rimane nascosto. Il piano di Dio comprende croce e gloria, morte e risurrezione sono inseparabili.
Ma nella sofferenza non siamo soli. Gesù cammina come con i due discepoli accanto a di noi. Gesù è il nostro misterioso compagno di viaggio. I discepoli dicevano: resta con noi perchè si fa sera, e nella nostra vita si fa sera con l’oscurità della sofferenza, della tentazione, della prova. Bisogna allora insistere presso il Signore.
Rassicuratevi, dice il Signore. Non temete. Quanta lotta e quanta fatica per tenere a galla la fragile nostra esistenza terrena. Ma nel pieno delle difficoltà e delle sofferenze, quando gridiamo di spavento, il Signore è con noi, presente, amante.
Pur credendo, pur amando, pur sperando noi dubitiamo. Quando le difficoltà si ammucchiano e la burrasca flagella la nostra vita cristiana, perdiamo coraggio, cominciamo ad affondare. Se almeno allora avessimo nella nostra debolezza l’umile fiducia di gridare al Signore: Salvami….
Noi non siamo mai abbastanza umili e fiduciosi dinanzi all’operato di Dio con noi.
Siamo subito disorientati, turbati e ci ribelliamo quando la sofferenza invade la nostra esistenza. E’ sempre un momento molto difficile quando il misterioso volere divino irrompe con la sofferenza nella nostra storia umana. L’uomo rientra nei suoi pensieri limitati, e rimane anche separato dai pensieri di Dio e comprende più nulla. Quando il Signore è lontano è sempre notte. Gli uomini sono avvolti da oscurità e tenebra, da prova e da sofferenza.
Saper attenderlo con operosa vigilanza per non perdersi nella notte dell’oblìo e della infedeltà. Egli sa che l’attesa è difficile, che vi possono essere le ore della stanchezza e del sonno. Anche allora non si dovrà desistere.
A cura di F.C.