VESPRI – LECTIO BIBLICHE
(dalle 16.30 alle 18.00)
DIO DISEGNA IL VOLTO DEL SUO POPOLO IN CAMMINO
(scheda di lettura)
I Domenica: il disegno divino si dispiega come trama di figliolanza.
Testi di riferimento: Lumen Gentium – cap 1, nn 1-8 (in particolare n 2: il disegno salvifico universale del Padre)
Benedetto Calati – Il primato dell’amore: (il mistero della vita monastica pagg 7-12)
Testi biblici. Romani 8,28-39; Colossesi 1,13-20, Efesini 1,3-14 ; 2,15 ; 3,1-13; Fil 1,27 (divenire cittadini del Vangelo); 3,20 (per arrivare ad essere cittadini del cielo); Salmo 40,7-9 (cfr. Lettera agli Ebrei, 10,5-10; Lettera ai Romani 12,1-2 (l’obbedienza alla parola come restituzione offertoriale nella via di Gesù),
Lumen Gentium 48: indole escatologica della chiesa pellegrinante (in particolare nn. a margine 415, 417,418 )
Testi patristici – Gregorio Magno, Libro dei Dialoghi:
la catena di ferro e la catena di Cristo. Libro III, cap 16, 9-10)
Il primato dell’amore (Scolastica) Libro II, cap 33, 1-5)
Regola S Benedetto – nn 72-73 rimandano alle pagine della Sacra Scrittura e sottolineano il primato della Parola di Dio a cui deve rendersi conforme ogni regola. La chiesa con le sue leggi deve aprirsi alla libertà che aderisce al magistero dello Spirito.
Dietrich Bonhoeffer, Scritti scelti, vol 10 Queriniana. Frammento di meditazione sul Salmo 119 (pp 497-498).
Lumen Gentium (costituzione dogmatica sulla Chiesa)
N 2. L’eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, « il quale è l’immagine dell’invisibile Dio, generato prima di ogni creatura » (Col 1,15). Tutti infatti quelli che ha scelto, il Padre fino dall’eternità « li ha distinti e li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8,29). I credenti in Cristo, li ha voluti chiamare a formare la santa Chiesa, la quale, già annunciata in figure sino dal principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d’Israele e nell’antica Alleanza [1], stabilita infine « negli ultimi tempi », è stata manifestata dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli. Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, « dal giusto Abele fino all’ultimo eletto » [2], saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale.
N 48 Già dunque è arrivata a noi l’ultima fase dei tempi (cfr. 1 Cor 10,11). La rinnovazione del mondo è irrevocabilmente acquisita e in certo modo reale è anticipata in questo mondo: difatti la Chiesa già sulla terra è adornata di vera santità, anche se imperfetta. Tuttavia, fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3,13), la Chiesa peregrinante nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all’età presente, porta la figura fugace di questo mondo; essa vive tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-22).
Gregorio Magno libro III cap 16 9-10
La catena di ferro e la catena di Cristo.
- Martino, agli inizi della sua vita eremitica sul monte Massico, allorché dello specco non aveva ancor fatto la sua dimora di recluso, si legò al piede una catena di ferro, fissandone l’altra estremità alla roccia, affinché non potesse andar più lontano di quanto gli fosse consentito dalla lunghezza della catena.
Saputo ciò, Benedetto, quell’uomo di vita sanata di cui ho già diffusamente parlato, gli mandò a dire per mezzo di un discepolo:<< se sei servo di Dio, non ti tenga avvinto una catena di ferro , ma la catena di Cristo>>. A tale monito, Martino immediatamente spezzò quella catena, e tuttavia mai, in seguito, pose il suo piede, libero, oltre il limite cui s’era abituato a spingerlo quand’era in ceppi; senza catena si costrinse in quello spazio ristrettissimo nel quale era sempre rimasto anche prima, quand’era legato.
- Martino, dopo che si fu ritirato a vi ere da recluso nello specco della montagna, cominciò ad avere dei discepoli che però abitavano fuori della sua grotta. Essi erano soliti attingere da un pozzo d’acqua di cui avevano bisogno per le normali esigenze della vita. Però la corda, alla quale era legato il secchio con cui prendere l’acqua, ad ogni momento si spezzava. Ed ecco che cosa un giorno capitò: quei discepoli chiesero a Martino la catena che un tempo aveva tenuto legata al piede. Avutala, la attaccarono alla fune e vi fissarono il secchio.
La sua sorella di nome Scolastica, consacrata al Signore onnipotente fin dalla più tenera età, soleva fargli visita una volta all’anno. L’uomo di Dio scendeva ad incontrarla in una dipendenza del monastero, non molto lontano dalla porta. Un giorno, dunque, come di consueto ella venne, e il suo venerabile fratello, accompagnato da alcuni discepoli, scese da lei. Trascorsero l’intera giornata nella lode divina e in colloqui spirituali, e quando ormai stava per calare l’oscurità della notte, presero cibo insieme. Sedevano ancora a mensa conversando di cose sante, e ormai s’era fatto tardi, quando la monaca sua sorella lo supplicò dicendo: «Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste». Ma egli le rispose: «Che dici mai, sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal monastero».
Il cielo era di uno splendido sereno: non vi si scorgeva neppure una nuvola. Udito il rifiuto del fratello, la monaca pose sulla mensa le mani intrecciando le dita e reclinò il capo su di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò la testa, si scatenarono tuoni e lampi cosi violenti e vi fu un tale scroscio di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui poterono metter piede fuori della casa in cui si trovavano. La vergine consacrata, reclinando il capo sulle mani, aveva sparso sulla mensa un tale fiume di lacrime da volgere in pioggia, con esse, il sereno del cielo. E la pioggia torrenziale non seguì di qualche tempo la sua preghiera, ma fu ad essa simultanea, a tal punto che mentre ancora la donna alzava il capo dalla tavola, già scoppiava il tuono; tutto avvenne nel medesimo istante; col sollevare del capo la pioggia incominciò a scrosciare.
L’uomo di Dio, vedendo che in mezzo a tali lampi, tuoni e tanta inondazione d’acqua non poteva affatto ritornare al monastero, cominciò a rammaricarsene e, rattristato, le disse:
«Dio onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?». Ma ella rispose: «Vedi, io ti ho pregato, e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero».
Ma egli, non potendo uscire dal coperto, fu costretto a rimanere suo malgrado là dove non aveva voluto fermarsi di sua spontanea volontà.
Passarono cosi tutta la notte vegliando e saziandosi reciprocamente di sante conversazioni concernenti la vita dello spirito.
Per questo ti avevo detto che vi fu qualcosa che l’uomo di Dio, pur volendolo, non poté ottenere. Se infatti consideriamo la sua intenzione, appare in tutta evidenza il suo desiderio che il cielo si mantenesse sereno come quando era sceso dal suo monastero. Ma contrariamente a quanto desiderava, egli si trovò davanti a un miracolo operato per la potenza di Dio dal cuore ardente di una donna. E non c’è da meravigliarsi se in quell’occasione poté di più la sorella, che desiderava trattenersi più a lungo con lui. Secondo la parola di Giovanni, infatti, Dio è amore; per giustissimo giudizio, dunque, poté di più colei che amò di più. ( Dialoghi, II, 33)
Regola S. Benedetto
Capitolo 72 Lo zelo buono che i monaci devono coltivare .Come vi è uno zelo amaro e cattivo che allontana da Dio e conduce all’inferno così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. Questo è lo zelo che i monaci devono coltivare con il più ardente amore. Essi dunque «gareggino reciprocamente nel rendersi onore» (Rm 12,10); sopportino con la più grande pazienza le infermità fisiche e morali dei fratelli; facciano a gara nell’obbedirsi a vicenda; non cerchino il proprio vantaggio, ma quello altrui; manifestino con cuore puro carità fraterna; temano Dio con amore; amino l’abate con affetto umile e sincero; non antepongano assolutamente nulla a Cristo, il quale ci conduca tutti insieme alla vita eterna.
Capitolo 73 Conclusione: questa regola è solo un inizio Abbiamo abbozzato questa Regola affinché, osservandola nei monasteri, diamo qualche prova di buoni costumi e di un inizio di vita monastica. Ma chi vuol camminare velocemente verso la perfezione della vita monastica, ha a disposizione gli insegnamenti dei santi Padri, la cui pratica conduce al culmine della santità. 3Quale pagina, infatti, o quale parola ispirata della sacra Scrittura, non è norma sicura di condotta per la nostra vita? O quale libro dei santi Padri cattolici non c’insegna la via diritta per giungere al nostro Creatore? 5Anche le «Conferenze» dei Padri, le loro «Istituzioni» e le loro «Vite» – come anche la Regola del nostro padre Basilio –che cos’altro sono, se non esempi di virtù per monaci fervorosi e obbedienti? 7Per noi, invece, monaci rilassati, tiepidi e negligenti, costituiscono motivo di vergogna e di rossore. 8Dunque, chiunque tu sia che ti affretti sulla strada verso la patria celeste, metti in pratica con l’aiuto di Dio questa Regola così modesta, scritta per principianti. 9Così, con l’aiuto di Dio, giungerai a quelle eccelse vette di sapienza e di virtù che abbiamo sopra delineato. Amen.
Dietrich Bonhoeffer – Frammento di meditazione sul salmo 119
Versetto 15. Voglio meditare i tuoi comandi, meditare le tue vie.
Non esiste alcuna stasi. Ogni dono, ogni conoscenza che ricevo mi fa semplicemente penetrare più a fondo nella Parola di Dio. Per la Parola di Dio ho bisogno di tempo, per comprendere bene i tuoi comandi devo spesso riflettere a lungo sulla Parola. Niente sarebbe più insensato di quella attività o di quel sentimentalismo che disconoscono l’importanza della riflessione e della meditazione. Né questa è solo una questione riguardante quanti sono particolarmente chiamati a riflettere e meditare, bensì è una questione che riguarda chiunque voglia camminare nelle vie di Dio. Dio esige sì spesso l’azione rapida e senza indugio; ma esige anche calma e riflessione. Perciò posso e devo spesso soffermarmi ore e giorni su un’unica e medesima parola prima di essere illuminato con la giusta conoscenza. Nessuno è così progredito da non averne bisogno. Nessuno può considerarsene dispensato a motivo di impellenti attività da svolgere. La Parola di Dio rivendica il mio tempo. Dio stesso è entrato nel tempo e vuole ora che io gli dia il mio tempo. L’essere cristiano non è affare di un momento, ma esige tempo. Dio ci ha dato la Scrittura, da cui dobbiamo trarre conoscenza della sua volontà. La Scrittura vuole essere letta e meditata nuovamente ogni giorno. La Parola di Dio non è la somma di alcuni principi universali che potrei aver presenti in qualunque momento, bensì è la Parola di Dio quotidianamente nuova rivolta a me nella ricchezza infinita dell’interpretazione. La meditazione, cioè la considerazione orante della Scrittura, e l’interpretazione sono indispensabili per colui che cerca sinceramente i comandi di Dio e non i propri pensieri. Un teologo che non pratica ambedue le cose rinnega il proprio ufficio. A ogni cristiano verrà donato il tempo di cui egli ha bisogno per questo scopo, se egli lo cerca realmente. Meditare significa prendere a cuore per me, pregando, la Parola di Dio; interpretare significa riconoscere e comprendere la Parola di Dio nella Scrittura come Parola di Dio. E ambedue sono riflessione da praticare ogni giorno.
Se voglio riconoscere i comandi di Dio non devo guardare me stesso e la mia situazione, ma devo guardare unicamente i sentieri di Dio .Quel che Dio fece per me allorché agì nei confronti del suo popolo, allorché agì in Gesù Cristo, quel che l’incarnazione, la croce e la risurrezione di Gesù Cristo significano per me quali azioni di Dio, questo soltanto deve determinare la mia via. << Siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo>> (1Cor 6,20). << Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini>> ( 1Cor 7,23).