Testo di lettura di Romano Guardini
«Via» è anzitutto l’esistenza stessa. L’essere pensata come cammino è una delle sue caratteristiche di fondo: su cui si basa la possibilità che in essa si realizzi un corrispondente movimento, che venga intrapresa e perseguita l’una o l’altra direzione, che l’esistenza medesima giunga ad attuarsi. Gesù, però, non parla di tale realtà — già di per sé fonte di meraviglia e d’inquietudine: la via che Egli intende, piuttosto, fa tutt’uno con una particolare mèta, un particolare punto di partenza e un particolare movimento.
La mèta è il Padre — lo stesso che, nella discussione intorno alla verità, era apparso come il punto d’avvio del processo del suo dischiudersi. Al Padre non conduce nessuna delle strade immediatamente accessibili, rappresentate dalle cose e dalla loro configurazione essenziale; né da lui si diparte una via o un canale di rivelazione che si possano considerare universalmente percorribili, dal momento che Egli trascende il mondo intero e tutte le sue potenzialità, ed è per essenza l’Ignoto e il Nascosto — mentre il mondo è sottoposto al peccato e alla confusione che ne deriva.
Così Egli ha dovuto essere rivelato, ha dovuto farsi visibile, e ciò è accaduto nel Figlio. Allo stesso modo qui. Niente di creato è in grado di raggiungere il Padre con il solo movimento della propria esistenza: c’è bisogno di una guida, e soltanto il Figlio è all’altezza di tale compito. Compito che non consiste nell’aver Egli, finalmente, additato una prospettiva e un orientamento di per sé già inscritti nella stoffa dell’essere, e che prima di allora sarebbero semplicemente rimasti nell’ombra: la questione rimane per principio senza soluzione, se la si affronta a partire dal mondo e dalla realtà creata.
Quell’itinerario dev’essere tracciato per la prima volta, «creato» — allo stesso modo in cui il diventare manifesto del Padre ha dovuto essere concesso e attuato. Ora, questa strada è lo stesso Gesù Cristo. Come l’essere dell’Uomo-Dio è la verità medesima, e costituisce il rendersi manifesto del Padre nel mondo — così Gesù, la sua personalità, la sua disposizione d’animo, il suo parlare e agire, e anche il suo destino sono e rappresentano esattamente la via. Come chi «vede lui, vede il Padre», così chi entra in relazione con Cristo è introdotto nella comunione di pensieri e di sentimenti e nella forma d’esistenza che uniscono Gesù al Padre.
Egli riceve occhi per vedere il Padre, e il Padre gli si fa manifesto. Si istituisce quel rapporto personale nel quale il Creatore e Signore del mondo diviene per questo uomo «il Padre»; e a questi «è dato il potere di diventare figlio di Dio» (Gv 1,12). Ne nasce una vicinanza, uno stare-presso-di-lui, una comunione nella quale il credente partecipa della vita stessa di Dio; si veda il punto, nel discorso di commiato, dove Gesù afferma: «[…] lo Spirito di verità 1…] prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede, [infatti,] è [anche] mio […]» (Gv 16,13-15).
- GUARDINI, Gesù Cristo. La sua figura negli scritti di Paolo e di Giovanni, Traduzione di C. FEDELI (Sestante 12), Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 202-203.