Amare secondo l’esempio di Gesù

VI DOMENICA DI PASQUA 2020

At 8,5-17

1Pt 3,15-18

Gv 14,15-21

Prendo in considerazione solo il v 15 del Vangelo – “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” – esplorando un po’ la ricchezza di sfumature del verbo “Custodire” (terein) e della parola “comandamento” (entolè) nella tradizione biblica deuteronomica e giovannea.

Nella nostra formazione siamo stati abituati all’osservanza dei comandamenti, con il rischio di tradirne il significato e la stessa esperienza religiosa. Il nostro rapporto con Dio non è certo alla pari, e nemmeno paragonato alla sudditanza a un despota, che ci può sanzionare. Dio non è il detentore di un potere anonimo. Il significato biblico più appropriato di “osservare” è “custodire”. Perché? Se in una relazione c’è amore vero, anche allo stato iniziale che con l’esperienza maturerà, allora si rendono necessari alcuni atteggiamenti, per rispondere in modo adeguato a colui che ci ama.

L’amore che Gesù richiede è certamente alto, perché il suo amore per noi è giunto fino al dono supremo (Gv 13,1). Custodiamo le sue parole donando la nostra esistenza.

Dal punto di vista antropologico, custodisco qualcosa che per me è vitale; custodisco un volto, una relazione senza la quale la mia esistenza sarebbe più povera, custodisco un modo di vivere, dei valori, delle opportunità che mi sono donate; custodisco le promesse di Gesù.Custodire diviene allora il bisogno di imitare le scelte di Gesù, di percorrere le sue vie, di mantenere vivo il fascino dei suoi ideali.

Custodire non evoca semplicemente delle parole, ma la memoria viva di Gesù e il desiderio di crescere nelle sue prospettive di vita, di restituire me stesso a Lui, come dono.

Questi sentimenti e gesti, richiedono l’impegno della vigilanza, della fiducia perché il volto di Gesù non venga snaturato o perda di significato e incisività. Conservando una relazione viva alimento la mia responsabilità e custodisco il dono ricevuto. Gli impegni diventano leggeri, il futuro si dilata, illuminato dalle promesse del Signore.

Più che “osservate i miei comandamenti” è preferibile tradurre “custodite il mio tesoro” – la “segullah” – dice Dt 7,6; Es 19,5: “Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare.

Il Salmista prende come esempio Dio stesso, quando descrive la cura amorosa verso il suo popolo. Il pellegrino che giunge alla città santa, canta Dio che custodisce il popolo. Salmo 121: Il tuo custode non sonnecchia, non dorme. Dio ci custodisce da ogni male, protegge la nostra vita in tutto il nostro percorso. Dio si è rivelato Pastore, Padre, Madre: “anche se tutti costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato. Tu sei sempre davanti a me” (Is 49,14-16).

Così il pio pellegrino fa memoria di appartenere a Lui, in tutto. Egli alza lo sguardo al suo Signore con fiduciosa certezza.

Salmo 121

Alzo gli occhi verso i monti…
Da dove mi verrà l’aiuto?

Il mio aiuto vien dal Signore:
che ha fatto il cielo e la terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede;

non si addormenterà il tuo custode.

Non si addormenterà, non prenderà sonno

Il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,

il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,

né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:

Egli custodirà la tua vita.

Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,

da ora e per sempre.

 

Custodire rimanda alla maturità di valutazione che caratterizza l’agire responsabile della persona. Con una annotazione conclusiva, mi sembra di poter dire che nel linguaggio di Gesù risentiamo le parole del profeta Geremia, cap 31,31-34; Ez 36,26-27 che ci esorta a custodire ciò che Dio mette stabilmente nel nostro intimo, per disegnare il nostro cammino e trasformarlo.

“Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e custodirete e metterete in pratica le mie prescrizioni” (Ez 36,26-27).

Dt 4,5-8 – Mosè dirà: “davvero questa è la nostra saggezza e la pienezza del nostro futuro”. Nella sua esortazione, Gesù ci consegna ciò che lui stesso ha custodito e realizzato come l’assoluto: “Il comandamento del Padre”. Ho interpretato la mia esistenza, il mio agire, spendendoli nel dono, nella solidarietà, nella responsabilità verso gli uomini che mi hai affidato, a cominciare dai più disagiati e persino falliti nella loro umanità.

“Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio». (Gv 10,17-18). Dunque: se mi amate, custodite attivamente il mio vissuto come io ve l’ho mostrato e insegnato.

La lettera a Diogneto approfondisce e concretizza l’esortazione di Gesù:

Se anche tu sarai desideroso di questa fede otterrai subito la conoscenza del Padre. Dio infatti amò gli uomini, per loro creò il mondo, a loro assoggettò tutto quanto è sulla terra, diede loro la ragione e l’intelligenza, solo a loro concesse di volgere in alto lo sguardo, a lui; li plasmò a sua immagine, mandò loro il suo figlio unigenito e ad essi promise il regno dei cieli, e lo darà a coloro che lo avranno amato. E dopo che l’avrai conosciuto, di qualche gioia non credi tu che sarai colmato? E come non amerai colui che per primo tanto ti amò? E amando Dio, diventerai anche imitatore della sua bontà. Non mostrare meraviglia che l’uomo possa divenire imitatore di Dio. Lo può, perché egli vuole. Infatti la felicità non è data dal dominare sul prossimo, né dal voler essere più forte dei deboli, né dall’essere ricco, né dall’essere prepotente verso gli inferiori; nessuno può imitare Dio in questi modi, che sono estranei alla sua grandezza. Ma colui che prende su di sé il peso del prossimo, e che, con ciò che ha in maggiore abbondanza, si sforza di beneficare colui che ha meno e usa le cose ricevute da Dio provvedendo ai bisogni, quegli diventa Dio per coloro che da lui ricevono: e si fa imitatore di Dio. Allora, pur trovandoti sulla terra, potrai vedere Dio che abita nei cieli; allora comincerai a predicare i misteri di Dio; allora amerai e ammirerai coloro che vengono puniti perché non vogliono rinnegare Dio.

Non sto parlando di argomenti stravaganti, e non faccio indagini irragionevoli; ma essendo stato discepolo degli apostoli, mi faccio maestro delle genti: comunico fedelmente ciò che mi è stato insegnato a coloro che sono divenuti discepoli della verità. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare in modo chiaro la verità che per mezzo del Verbo fu apertamente mostrata ai discepoli? Ad essi il Verbo la manifestò, quando apparve e parlò chiaramente, senza essere capito dagli increduli, ma esponendola ai discepoli, da lui ritenuti fedeli, i quali conobbero i misteri del Padre. Per questo motivo egli mandò il Verbo, perché si manifestasse al mondo. E questi, disprezzato dal popolo, fu creduto dai pagani per la predicazione degli apostoli. Egli è colui che era fin dal principio, e apparve nuovo e fu riconosciuto antico, e sempre nuovo nasce nel cuore dei santi.

A cura di E. Bianchi, Letture per ogni giorno, ELLEDICI, p 280.

(Firmino Bianchin)