Il disegno divino si dispiega come trama di figliolanza

(Testo completo della Lectio della Prima domenica di Avvento)

Lumen Gentium cap 1, nn 1-8

Il primato dell’amore pagg 7-12

 La chiesa è pellegrina nel tempo

Le fatiche dell’attuale papato

Ogni leader e profeta ha la sua armonia e il suo equilibrio mentre propone qualcosa di innovativo; non sempre però chi lo ascolta vive tutto il suo profondo retroterra. Papa Francesco propone una chiesa in uscita; ed oggi tu si riempiono la bocca e affilano le armi per questa battaglia evangelica.

La storia ci insegna che se manca uno spessore spirituale, l’onda perde presto la sua spinta, tutto passa, col pericolo del fraintendimento che sottolinea un aspetto e ne trascura un altro essenziale e primario. Nella Lettera di chiusura del Giubileo e nell’intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, Francesco ricorda che la recezione del Concilio e ancora di più della Sacra Scrittura domanda molto tempo; la carità non è mai un programma tecnico, essa sgorga dal contatto con la Rivelazione; pertanto non basta essere vuoti uditori esterni, senza il coinvolgimento di un ascolto interiore (cf DV 25 che richiama S. Agostino).

Le chiese particolari non devono concepirsi come organismi mutilati; l’Apocalisse cap 2, nella lettera ad Efeso ci insegna che Gesù mentre loda quella chiesa per l’impegno multiplo profuso, la rimprovera perché ha lasciato “l’amore quello primo”, il rapporto con il suo Signore. Se non aggiusta la direzione, essa potrebbe decentrarsi dalla sorgiva, proveniente dal contatto liturgico globale. Applicato all’oggi ecclesiale e allo sforzo di rinnovamento, ciò significa che è necessario percorrere la grande tradizione ebraico-cristiana richiamata solennemente dal Papa, nel suo primo intervento ai cardinali, all’indomani della sua elezione:

“In queste tre Letture vedo che c’è qualcosa di comune: è il movimento. Nella Prima Lettura il movimento nel cammino; nella Seconda Lettura, il movimento nell’edificazione della Chiesa; nella terza, nel Vangelo, il movimento nella confessione. Camminare, edificare, confessare.

Camminare. «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Questa è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo: Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.

Edificare. Edificare la Chiesa. Si parla di pietre: le pietre hanno consistenza; ma pietre vive, pietre unte dallo Spirito Santo. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edificare.

Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.

Camminare, edificare-costruire, confessare. Ma la cosa non è così facile, perché nel camminare, nel costruire, nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movimenti che non sono proprio movimenti del cammino: sono movimenti che ci tirano indietro.

Questo Vangelo prosegue con una situazione speciale. Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce. Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.

Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti.

Io auguro a tutti noi che lo Spirito Santo, per la preghiera della Madonna, nostra Madre, ci conceda questa grazia: camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso. Così sia.”http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130314_omelia-cardinali.html

 Camminare: “Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore” (Is2,5). Questa è la richiesta che Dio ha fatto ad Abramo: “Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile”. “Camminare! La nostra vita è un cammino, quando ci si ferma non va!

Edificare – (Ef 2,20) Edificati sul fondamento degli Apostoli, dei profeti e Cristo è la pietra fondamentale. Paolo nella 1Cor 1,30 ammonisce: ciascuno stia attento a come costruisce sopra: paglia, fieno, legno non hanno futuro, invece argento e oro, a contatto col fuoco delle prove, diventano sempre più autentici e luminosi.

Confessare – Possiamo fare tante cose, ma se non confessiamo Cristo, prosegue il papa, diventiamo una ONG assistenziale e non la chiesa sposa di cristo. L’amore “quello primo” (Ap 2,1ss) è questa relazione primordiale e vitale.

In un’altra omelia ai cardinali (novembre 2015) papa Francesco ribadisce: “il rapporto con Gesù crea un ponte verso la vita”.

Luigi Sartori si augurava che il monachesimo aprisse la comunicazione con gli altri carismi della chiesa e del mondo. Anche Lutero cercò di portare la dimensione dei religiosi nel popolo, per rivitalizzare il carisma delle famiglie e delle parrocchie. Promosse la lettura e la spiegazione della Bibbia, rinnovò le devozioni promuovendo i Salmi e gli oratori dei canti biblici. Quando le chiese tendono a farsi istituzioni gerarchiche corazzate dal diritto delle leggi, Dio suscita al loro interno movimenti di reazione e di risveglio, provoca le comunità con scelte di vita e percorsi più illuminati (cf. Una sfida per il monachesimo, ed Praglia 1999; p 89 ss.).

Apriamo dunque la rilettura del Concilio e della tradizione biblica, guidati da un contributo di Benedetto Calati: “Il primato dell’Amore” – Discorso al capitolo generale di Camaldoli, al termine del suo servizio di priore generale durato 18 anni.

Il Concilio suggerisce alla chiesa la dimensione del cammino, non una concezione statica. Un cammino irreversibile e irrevocabile, dono della benevolenza del Padre, fatto di rinnovamento permanente fino a che non avremo raggiunto cieli nuovi e terra nuova in cui abita la giustizia (LG n 48 (417). La concezione del cammino relativizza tutte le istituzioni, persino i sacramenti, perché esse portano l’impronta fugace di questo mondo; e tutto vive nel travaglio di un parto (cf Romani 8,19-22 e soprattutto 8,28-39).

La nostra dimensione di figli ci pone nel presente in cammino fra la cittadinanza del Vangelo, senza dislivelli (Fil 1,27) e la cittadinanza del cielo nel futuro (Fil 3,20) quando avremo raggiunto la meta. L’attuale dimensione è dunque segnata dalla parzialità e dal necessario rinnovamento inarrestabile perché voluto dal progetto stesso del Dio trascendente che opera nella nostra storia in modo incisivo.

La grande intuizione di Benedetto Calati fu di applicare, per analogia (due realtà diverse e simili nello stesso tempo) questa prospettiva della chiesa alla vita della famiglia monastica, e noi diciamo ad ogni cammino di fede per i discepoli. Don Benedetto ama ripensare la dimensione monastica sul progetto divino della chiesa e lo vede in un divenire camminare nel fedele fatto di continuo aggiornamento perché quaggiù, adesso, nulla è allo stato perfetto, ma tutto deve tendere al raggiungimento della maturità nella meta.

Il rabbino David Mayer in un recente articolo – “Avvicinare le tradizioni ebraica e cristiana” (in Studi Fatti Ricerche 154  2016) offre una sottolineatura importante. Egli dice. “la storia di ogni religione è fatta di ambiguità. L’essere umano è ontologicamente ambiguo. E’ per questo che abbiamo due racconti della creazione di Adamo nel libro della Genesi, riflesso di una doppia personalità, di una certa inconsistenza della natura umana. Non mi sembra dunque utile pretendere che tutte le ambiguità possano in futuro essere dissipate. Riconosco perciò alla Chiesa il diritto di avere le sue ambiguità, come l’ebraismo ha le sue. Ciò che conta è la confidenza umana che riusciamo a stabilire con i nostri partner del dialogo. La confidenza umana e l’amicizia che si sviluppano nel tempo non sono traducibili in dichiarazioni, che non avrebbero altro scopo che quello di smussare le asperità del passato”

Coscienti della povertà attuale di ogni esperienza di vita anche del passato, ma pur sempre  misteriosamente compensata dal dono divino, cogliamo continuamente gli stimoli di liberazione. Calati ama definire questa dialettica “obbedienza della fede”; l’obbedienza che si affida, che si apre, che collabora, che acconsente e assimila secondo una modalità progressiva. Dio ci sta davvero indirizzando a divenire conformi all’immagine del Figlio suo: chiamandoci, trasformandoci, partecipandoci i suoi stessi valori (Romani 8, 29ss), come recita il testo paolino citato dalla LG n 2.

Il progetto umano cosmico e universale va attuandosi timidamente: umanità che diviene figliolanza, fraternità paritetica attraverso il cammino, il dialogo doloroso che Paolo paragona ai dolori del parto (cf LG n 48 , 417).

Ora siamo ancora lontani dalla meta, perciò nessun trionfalismo ci si addice, ma solo la responsabilità di rispondere e servire il luminoso progetto di Dio ( LG 418; 2 Cor 5,6). Nel presente siamo nel gemito, nel conflitto, ma simultaneamente siamo anche abitati da una tensione piena di speranza. Il grande disegno divino si dispiega infatti come trama di figliolanza nella storia. Ef 1,3-14 lo definisce il sogno con cui Dio ci ha vagheggiati. Si tratta del programma di salvezza del Padre, la caratteristica del Dio biblico, che è altresì cristificazione incessante grazie allo “sfraghis”, il sigillo dello Spirito. Amo tradurre il termine “sigillo”con assillo insopprimibile impresso dallo Spirito che ci chiama a partecipare ad una vita che supera la semplice biologia, sociologia e antropologia naturale. Tutto è fondato nella sorgiva della benevolenza divina sapiente e ricreante sempre attuata dalla mediazione del suo Figlio e resa incisiva in noi e in tutte le cose dallo Spirito della Pasqua.

Il Concilio propone l’orizzonte disegnato e voluto dalla relazione divina carico di affetto bruciante e instancabile, perché egli ci vuole suoi partner. Il disegno divino è estensivo ed abbraccia la totalità, lo ricorda un’antica omelia di Gregorio Magno (Omelie sui Vangeli 19, Mt 20, 1-16): “Dio è il padre di famiglia, la vigna è la Chiesa. Dio possiede una vigna, cioè la chiesa universale che da Abele il giusto fino all’ultimo eletto che nascerà nel mondo, ha prodotto tanti tralci quanti sono i santi.

Questo padre di famiglia assume dunque operai per coltivare la propria vigna: di mattino, all’ora terza, sesta, nona e undicesima; e questo significa che il Signore dall’inizio del mondo sino alla fine non cessa di chiamare. (LG n 2: la chiesa negli ultimi tempi è manifestata dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli come si legge nel testo conciliare a partire da Adamo, non più dal giusto Abele, fino all’ultimo eletto. Allora tutti saranno riuniti presso il Padre nella assemblea universale).

Nessuno ha mai conosciuto il progetto sorto in Dio, biblicamente chiamato mistero nel Nuovo Testamento e nel primo Testamento Sod e Raz. Nessuno di noi potrebbe conoscerlo se Lui non ce l’avesse notificato e attuato (Ef 3,1-13). Non si tratta di un indefinito divenire, ma di un progetto di umanità che coinvolge anche l’habitat cosmico indirizzandoci verso la dimensione di Cristo risorto. Paolo parla esplicitamente di indossare Cristo (Gal 3,27) oppure rivestire l’uomo nuovo (Col 3,9-11). Si tratta di un rinnovamento radicale, di un umanesimo la cui creazione è in corso finchè Cristo sia tutto in tutti. In questa direzione l’uomo trova il senso della sua avventura; Paolo definisce l’uomo realizzato (Ef 4,13) “teleios” (pienezza, compimento) quando l’identità cristica diventa esperienza dinamica  e raggiungerà il traguardo definitivo nel Regno. Paolo con un guizzo creativo chiama questa umanità futura “un solo uomo nuovo” (Ef 2,15), immagine corporativa relazionale, inclusiva, solidale, paritetica con Dio e Cristo oltre che tra di noi: l’immagine più alta dell’umanità, la vera immagine di Dio, quella che finalmente gli assomiglia senza deformazioni.

Continuando il riferimento a Benedetto Calati sul Primato dell’amore (pag 9) l’autore afferma: “l’obbedienza è prima di tutto obbedienza della fede: ascoltare e mettere in pratica la Parola. L’autorità istituzionale invece, si caratterizza alla luce del Nuovo Testamento come servizio di carità fraterna. Sarebbe tradire la forza propulsiva dell’evangelo proporre all’uomo adulto di oggi il regime obbedienziale e gerarchico caro alla cristianità medievale: questo lo sottolineo fortemente! Non credo a una certa mistica dell’obbedienza, che si tenta di ripensare in svariate forme da persone così dette carismatiche. Forse alla base della loro personalità c’è un carisma discutibile di autorità innata, che ha messo queste persone al riparo di una via di obbedienza che però essi vorrebbero oggi riproporre in modo indiscriminato. Obbedire alla parola che quotidianamente ci giunge dal Vangelo può anche essere il nostro portare la croce nell’umile e feriale impegno frutto della nostra presunzione? E’ chiaro che la vita di comunione esige che questa obbedienza si concretizzi nel nuovo comandamento dell ”ametevi gli uni gli altri” come vuole il Signore. L’obbedienza evangelica, quindi, si staglia come via e come corrispondenza di amore all’amore. Quando parliamo di conversione dei costumi dobbiamo sempre richiamarci al “niente anteporre all’amore di Cristo”, su cui la tradizione monastica sembra particolarmente radicata”.

Si può leggere a questo  proposito anche D. Bonhoeffer in: Scritti scelti Frammento di meditazione sul salmo 119 (pagg 497-498): Con Dio non si rimane sempre sullo stesso posto, ma si percorre una via: Dio cammina alla testa con noi (Es 13,21 ss). Dio è come via e Gesù ne è la personificazione. Infatti dice “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6).

La dimensione dell’obbedienza alla Parola si trasforma in servizio di carità e diviene la vera ascesi cristiana, il vero impegno umano. Si veda a proposito la conclusione della vita di S. Benedetto il primato dell’amore impersonato nella figura di Scolastica: potè di più colei che amò di più (Libro II, Dialoghi cap 33). Così la catena dell’eremita Martino. Gregorio Magno dice che la vera catena è quella di Cristo, il resto è per la secchia. Fuor di metafora ciò significa che ogni regime autoritario e gerarchico serve per la secchia non per gli uomini. Ecco perché la rivelazione biblica ci indirizza verso la vera liturgia come offerta esistenziale (Romani 12,1-2) che inaugura un nuovo umanesimo di relazioni (Salmo 40,7-9) vissuto in pienezza da Gesù (Ebrei 10,5-10). Si tratta della dimensione principe della conversione. Il “Sub” ebraico convertirsi esplicita un orientamento affettivo ed esistenziale della persona, sempre rinnovato sull’orizzonte del progetto di Dio. Paolo la definisce la vera cittadinanza del Vangelo nell’oggi permanente della chiesa, quella che ci farà pervenire alla cittadinanza del cielo quando Dio trasfigurerà la nostra attuale misera persona, ridisegnandola, ricreandola sulla persona gloriosa del Signore Gesù (Fil 3,20). Chi accoglie la Parola comincia a cercare Dio: è il cammino tracciato dalla Scrittura che ha come vertice la regola della carità (RB nn 72-73), la chiave interpretativa dell’intera regola fondata sul primato della Parola.

Felicemente il Concilio ha ripensato la chiesa riconducendola al progetto divino (mistero) non più chiesa società perfetta e gerarchica, com’era stata consuetudine dei secoli precedenti, ma chiesa che incarna la dimensione permanente dell’Avvento, fatta di attesa nel cammino.

Il Vangelo parla del seme della parola eterna nel campo della vita; un seme che abita dentro di noi, quando amiamo una persona essa abita dentro di noi. La parola non degrada la vita; Dio non vuole far trionfare le idee, e noi non siamo sotto il dominio delle idee, ma della relazione di benevolenza divina che ci custodisce, come spesso scrive D.Bonhoeffer.

Lumen Gentium n 3: Gesù inaugura il Regno, rivela pienamente il progetto di Dio nella storia portandolo a compimento. La chiesa e ogni comunità non si identificano nell’oggi in pienezza con il Regno; rimangono realtà sempre molto povere, ma attirate instancabilmente dal Risorto (Gv 12,32). La missione di Gesù, dice il paragrafo conciliare, dà accesso al Padre attraverso lo Spirito donatoci nella Pasqua e ci conduce alla Verità piena (Giovanni 16,13) offrendoci continuamente il dono di Dio (Giov 4,14) che è lo Spirito (Giov 7, 38-39). L’affermazione conciliare è concisa, e la comprenderemo lungo il tempo della nostra vita. Per questo è sempre importante ribadire la necessaria pedagogia dello Spirito nella chiesa. Il testo conciliare ci esorta a invocare le ultime parole dell’Apocalisse (22, 17-18): vieni Signore Gesù. Questo linguaggio ci ricorda che ogni esperienza religiosa è parziale e in divenire, perché l’esperienza cristiana è casa in costruzione sul fondamento di Gesù (Ef 2). E’ il campo dove Dio semina e fa crescere (1Cor, 1,3-9 citato da LG 6). La chiesa è ancora lontana dal Signore, essa sta camminando verso il suo sposo (Ef 5,29) e nella tensione dell’attesa è invitata a confezionare il suo abito nuziale (la sua vita) per il suo Uomo (Ap 21,2-17). Distanza e tensione sono le dimensioni permanenti e strutturali del cammino della vita ecclesiale e personale.

LG n 7 porta l’attenzione sull’impegno del cristiano a relazionarsi con Cristo e gli altri uomini secondo una articolazione differenziata (1 Cor 12). Il primo capitolo e l’ultimo (LG8) sono incorniciati dalla dimensione del progetto di Dio (mistero) (LG 2,8).

Tutte queste immagini ecclesiali di relazione paritetiche, tutte concorrono a descrivere la chiesa definitiva come famiglia universale di Dio, come città celeste degli uomini (Ef 2, 22 e Ap 21-22). Per questo il Concilio e Benedetto Calati parlano dell’indole escatologica della chiesa peregrinante, lontana dal suo Signore qui in terra (2 Cor5,6) chiesa che si considera esule ma sempre in ricerca del suo Sposo (LG 6). La Parola e il Concilio ribadiscono la tensione strutturale come l’aspetto centrale del progetto divino ecclesiale.

  1. De Lubac vedeva in questo disegno uno dei fondamentali paradossi della chiesa, che appartiene alla santissima Trinità ma essendo itinerante verso la “Terra promessa”, sempre deve uscire dalla attuale condizione umana che appartiene alla prima creazione. La chiesa si definisce non come società perfetta, ma come realtà che si relaziona al suo Sposo, nel quale abita tutta la pienezza del sogno umano (Col 2,9; Ef 3,19; LG ). La chiesa pertanto è chiamata a camminare sulla stessa via di povertà e di dono di Gesù Messia, solo così essa prende forma ed è plasmata dal suo Signore mediante lo Spirito per diventare quello che il Padre nella sua trascendenza l’ha vagheggiata.

Per saperne di più:

Romano Penna, Il misterium paolino. Edizioni Paideia 1978

Aldo Martin, La tipologia adamitica nella lettera agli Efesini. Roma PIB 2005

Bernard Rey,Creati in Cristo Gesù. Edizioni AVE 1968

  1. Repole, Lumen Gentium, Commentario ai documenti del Concilio Vaticano II, vol. 2.

Testo integrale di Lumen Gentium al link:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html

Testo della Vita di S. Benedetto nel Libro dei Dialoghi di S. Gregorio Magno al link:

http://ora-et-labora.net/LA%20VITA%20DI%20SAN%20BENEDETTO.pdf

 

Testo della Regola di S. Benedetto al link:

http://www.maranatha.it/Testi/TestiVari/Testi2Page.htm

 Firmino Bianchin

Novembre 2016