Omelia di p. Ghislain Lafont – ottobre 2013- S. Maria in Colle

Esodo 17,8-13 Luca 18, 1-8 ottobre 2013, P. Ghislain Lafont (S. Maria in Colle

Venne Amalek e combattè contro Israele a Refidim. Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi degli uomini ed esci a combattere Amalek. Domani io mi terrò ritto in cima alla collina, con in mano il bastone di Dio”. Giosuè fece come Mosè gli aveva detto per combattere Amalek. Mosè, Aronne e Cur salirono in cima alla collina. E quando Mosè alzava la sua mano, Israele era più forte, e quando abbassava la sua mano era più forte Amalek. Ma le mani di Mosè pesavano: allora presero una pietra e la misero sotto di lui. Vi si sedette sopra, mentre Aronne e Cur sostenevano le sue mani, uno da una parte e l’altro dall’altra. E le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè finì Amalek e il suo popolo a fil di spada.

Raccontò loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre, senza stancarsi mai. “In una città viveva un giudice che non temeva Dio e non si curava di nessuno. Nella stessa città viveva una vedova che andava da lui e gli chiedeva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo il giudice non volle, ma alla fine disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non mi prendo cura degli uomini, tuttavia le farò giustizia e così non verrà continuamente a seccarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice ingiusto? E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che lo invocano giorno e notte? Tarderà ad aiutarli? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

Il significato di queste letture è evidente: è il comandamento della preghiera costante, perseverante. Ci sono due immagini di questo comandamento: la storia di Mosè che sottolinea un legame stretto tra la preghiera del profeta con le mani alzate e la vittoria; la parabola del giudice e della vedova, che a forza di pregare, di chiedere, ottiene ciò che domanda. Dunque, la preghiera ottiene: questo è semplice. Ma quello che non è semplice è che non è vero.  Capita che la preghiera, anche se perseverante, non è sempre esaudita. Come ricevere allora questo vangelo come parola vera di Dio in Cristo?

La prima riflessione sarebbe che forse siamo come i dieci lebbrosi che, quando la preghiera è esaudita, non pensano a ringraziare (Lc, 17, 11-19). Quindi siamo ingrati. Invece nei casi in cui la preghiera non è esaudita, allora non siamo contenti. Forse se tu fossi un po’ più grato avresti il coraggio di accettare anche quando Dio sembra non rispondere.

Ma cos’è la preghiera?

Lo sappiamo che cos’è ma dobbiamo sempre approfondire le nostre convinzioni. Facciamo un semplice esempio. Questa mattina, qui, ci siamo riuniti una quindicina di persone e abbiamo pregato. Cosa abbiamo fatto? Prima siamo stati spinti dallo Spirito, il desiderio di riunirci, di pregare insieme. E dunque ciascuno di noi stamattina, come voi adesso, è arrivato con tutte le sue richieste interiori, per se stesso, per gli altri, per il mondo, per una persona particolare ( io per mio nipote Giacomo che sarà ordinato diacono questa sera …).

Questa comunità con le richieste di ciascuno, si è avvicinata al Padre; abbiamo pregato, siamo entrati in questo mistero dell’incontro invisibile, reale con il Padre. Abbiamo evocato il mistero di Cristo con i Salmi e le Scritture. I salmi descrivono il mistero di Colui che è stato mandato da Dio, della sua fedeltà e sofferenza, della sua morte e risurrezione. Dopo abbiamo formulato le domande in modo semplice, con la preghiera per eccellenza che è il Padre nostro. Questa mattina, questa piccola comunità si è avvicinata a Dio nella preghiera, preghiera di grande spessore, quello dello Spirito Santo che prega in noi. Nella stessa ora c’erano tante altre comunità che facevano lo stesso, tante famiglie forse che facevano insieme la preghiera della mattina e tante persone singole che hanno pregato il Padre che conoscono o che hanno pregato verso uno sconosciuto. Tante preghiere si alzano verso Dio, in diverso modo.

Una cosa meravigliosa è pensare che alla mattina, forse alla sera, o in certi momenti della giornata, il mondo, attraverso queste persone che pregano, si avvicina a Dio. E Dio si avvicina a loro, perché Lui è considerato una persona alla quale si parla. E’ un immenso grido di rendimento di grazie, anche di domande, di fiducia, di speranza. Mi sembra che in tutte queste grida c’è il Cristo, il suo Corpo che dice “Padre”; e dico l’umanità, non soltanto i cattolici.

Ogni volta che una persona esce un po’ da se stessa per arrivare all’invisibile, dice, senza sapere, “Padre nostro”. Il frutto di questa preghiera è la prossimità con Dio, la speranza in Lui, la pace, la sottomissione filiale. Quando preghiamo ritroviamo gli atteggiamenti giusti di un uomo, di una donna, di fronte a Dio. E questo crea la pace, che ci dispone a prendere la vita come viene e a considerare tutto sotto l’angolo della grazia di Dio. 

A volte questo che sto dicendo non è vero. A volte usciamo dalla preghiera nell’angoscia. Non siamo stati pacificati. I nostri problemi rimangono totalmente inesauditi, non chiarificati. Ma in queste occasioni, abbiamo anche l’esempio di Cristo. Cristo prega. Ma Cristo non è sempre esaudito. E quando l’angoscia è più grande della pace, sappiamo che Cristo stesso ha attraversato la preghiera non esaudita, il combattimento, l’agonia, la minaccia nel suo essere e nella sua carne fino alla morte.

In quella preghiera (“Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Tuttavia non sia fatta la mia ma la tua volontà”) Cristo prega, Cristo è esaudito, Cristo non è esaudito, ma è sempre Cristo.  E quando preghiamo, ciascuno di noi, ogni comunità, porta dentro di sé la gioia di Cristo nel suo avvicinamento al Padre, ma anche l’agonia di Cristo che si sente abbandonato. 

Mi sembra che questa ampia dimensione della comunità che prega, del mondo che prega, di Cristo che prega, ci prepari ad accettare la risposta oppure l’apparente non risposta, più pronti ad accettare la saggezza di Dio e la sua provvidenza.

 Quando pensiamo in modo un po’ intelligente (razionale?), è evidente che non possiamo capire la saggezza di Dio, la sua provvidenza, ma sappiamo che ogni volta che noi preghiamo, anche per una intenzione particolare, ci sarà risposto secondo la saggezza e la provvidenza di Dio. E se non abbiamo l’oggetto della nostra preghiera, avremo la forza di accettare la disposizione della saggezza di Dio.

Mi sembra che quando preghiamo, in verità, siamo disposti ad accettare la risposta di Dio qualunque sia, perché nella preghiera l’essenziale è la comunicazione da persona a persona, la mia persona alla persona del Padre, nello spirito di Dio, per la comunione e l’assimilazione a Gesù Cristo.

Queste cose che dico non sono grandi, sembrano essere grandi: parlo di Cristo ma è la verità …  A volte siamo tanto presi dall’intensità della nostra richiesta, dal bisogno nostro e altrui, che vorremmo a tutti i costi ottenere la nostra soluzione. E abbiamo ragione. Però dobbiamo sempre inserire questa domanda intensa, costante e perseverante nella preghiera di Cristo, preghiera spirituale, in totale fiducia alla saggezza di Dio.

Ora in questo momento, anche se non siamo esauditi, siamo esauditi perché sia noi sia coloro per i quali preghiamo, ricevono da Dio la risposta giusta.

La mia riflessione sul problema della preghiera non è esauriente, sarebbe troppo facile. Richiede una fede profonda e questo vangelo si chiude con un’interrogazione terribile: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Penso che noi cattolici oggi, anche i cattolici che c’erano prima, direi la pienezza del vangelo, dobbiamo sentirci in questo oggi, corresponsabili della fede del mondo. Forse non ci sarà più nel futuro tanta fede, almeno nel numero delle persone. Ma la nostra missione, di noi che conosciamo Dio, è di essere fedeli nella preghiera, che il Signore trovi su questa terra l’essenziale della fede di Cristo di cui, per la nostra generazione, siamo noi responsabili.

Io sono come un bambino, balbetto su un argomento difficile, ma è difficile a livello intellettuale, non è difficile a livello della pratica, dell’esperienza. Abbiamo tutti l’esperienza che nella preghiera, anche provata, difficile, si crea dentro di noi, dentro gli altri, la pace di Dio. In questa fede perseveriamo. Nell’Eucarestia domenicale è la comunità che prega perfettamente, che ripresenta al Padre la preghiera incarnata nel Figlio di Dio, che commemora la risposta di Dio, che è la risurrezione. Celebriamo con gioia, con fiducia questa eucarestia perché questa preghiera per tutto il mondo e per i nostri interessi personali sarà esaudita in Gesù.