Lectio quaresimali tenute in Duomo a Montebelluna – F. Bianchin
Libro di Isaia cap 50,4-9+10-11
La composizione si presenta, dal punto di vista narrativo, come un monologo in cui il Servo parla del prezzo pagato per il suo servizio di consolazione e della fiducia riposta nel Signore in un ambiente ostile.
Il Libro di Geremia sembra la fonte ispiratrice del suo racconto. Alla luce di quella storia, il Servo imparò a leggere la propria esperienza, comprendendo che il Signore non abbandona mai, nemmeno nelle vicende oscure e drammatiche, anche quando non risponde alle domande inquietanti dell’uomo. A differenza di Geremia il Servo non maledice il giorno della sua nascita (cf Ger 20,14-18) e non accusa Dio di averlo sedotto e poi ingannato (Ger 20,7-10). Il testo più vicino sembra quello di Ger 15,10-21, in cui il profeta denuncia di essere vittima di azioni malvagie e chiede a Dio di ricordarsi di lui.
La figura misteriosa del Servo è dunque istruita dall’assidua familiarità con le Scritture. La preghiera dei Salmi proteggono il Servo da sfoghi amari e senza speranza. La fiducia prevale sullo sconforto, ed egli capisce che proprio l’esperienza del dolore gli permise di essere vicino e di aiutare molti disperati.
- Il segreto della speranza – Is 50,4-5 a
v 4 – La dimensione prioritaria dell’ascolto: “Il Signore mi ha dato una modalità di comunicare, di conversare che sgorga dal mio essere alunno” (ebraico Limmud). Il Servo non dispone di una retorica che incanta e la forza incisiva del suo parlare viene dall’ascolto. Isaia parla del primato fondamentale dell’ascolto nella vita del credente.
Il Servo resta sostanzialmente un alunno nella sua missione e ricorda volentieri il primo dono che il Signore gli ha dato. In questo egli è figlio di Abramo; nella sua esperienza di profeta rivive la freschezza di Samuele (1Sam 3,1-21). “Adonai era con lui e non permetteva che nemmeno una parola andasse a vuoto; per questo ogni israelita comprese che Samuele era profeta accreditato presso JHWH. E il Signore continuò a manifestarsi attraverso la sua Parola”.
Il Servo isaiano riconosce la grande opportunità della scuola dell’ascolto continuo: inizia la sua giornata ascoltando, alla scuola del servizio del Signore. L’alunno (limmud) non è l’esperto, ma colui che apprende la lezione della vita del Signore; se mancasse questa scuola quotidiana tutto si svuoterebbe, perderebbe di incisività e motivazione. Egli si presenta come persona bisognosa di imparare.
La prima finalità della missione è saper dialogare e comunicare con chi è abbattuto e provato. Si tratta di una comunicazione impegnativa, che mira a sollevare, consolare, rimotivare. Prima delle mediazioni c’è dunque la dimensione dell’apprendimento che descrive la relazione di fede.
- Giacomo dedica un intero capitolo al tema dei maestri (cap 3), di coloro che hanno un compito educativo e di mediazione nella comunità e nella società. E nel cap 1,16-26, sinteticamente ribadisce l’importanza di essere alunni della Parola creatrice: “Ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira” (1,19).
- L’esperienza dell’umiliazione e della sofferenza fisica – Is 50,5b-6
Un’attenta lettura mette in evidenza un paradosso, purtroppo frequente nella storia. Colui che spende la vita per aiutare e consolare finisce per essere oggetto di violente aggressioni: flagellato, condannato come un colpevole, seviziato come un prigioniero, infine deriso e umiliato.
La descrizione richiama da vicino i tre annunci della Passione (Mc 8,31; 9,31; 10,33-34) e la notte del processo a Gesù, gli scherni subiti come passatempo dei soldati, mentre aspettavano l’alba (Mc 15,16-20). Un divertimento disumano e macabro. La storia non ha dismesso questi sistemi di tortura per zittire gli oppositori. Il corpo devastato mostra i segni della desolazione e permette di capire qualcosa del dramma del prigioniero. L’uomo dispone di una triste capacità: infierire su chi è indifeso e devastare la dignità della persona che resta immagine di Dio.
- La consolazione interiore del Signore – Is 50,7-9 (cf Ger 20,11)
Il Servo non chiede al Signore la liberazione, al contrario la situazione lo rende ancora più determinato (cf Lc 9,51). Di fronte alla violenza egli rimane fedele perché “se Dio lo approva, chi può condannarlo?” (v 8). L’avversario prepotente lo piegherà in tribunale? No, Dio lo sostiene, perciò non teme chi lo condannerà. Si risentono le parole di Paolo nella Lettera ai Romani cap 8,31-39.
- Un cambiamento improvviso del soggetto – Is 50,11
Ora Dio parla e presenta l’esperienza del Servo come cammino autentico del discepolo. Il Signore non pronuncia un verdetto di liberazione per il suo Servo, ma ce lo dona come modello di vita.
V 10 Se qualcuno venera Dio, accolga questa esperienza didattica che lo formerà. La finale ci invita ad assimilare quello che il Servo-alunno ha vissuto: “Ascolti la voce del suo Servo”.
Poi un’ammonizione:
v 11 – Deridere o sottovalutare questo insegnamento mette in serio pericolo la propria esistenza. Si tratta di una minaccia funzionale ad accogliere l’esperienza di vita del Servo:
Impara anche tu l’attitudine dell’ascolto, e aiuta chi, nella vita, ha perso ogni speranza.
Attrezzati in modo da perseverare quando non avrai consensi, ma sofferenze e minacce.
Continua a perseverare e confidare nel Signore, perché non mancherà di sostenerti interiormente.
L’ingiustizia umana non giustifichi la resa, non cambi la tua missione di aiuto e la tua fiducia nel Signore.
Dio sarà la tua forza nelle avversità e non sarai deluso.
UN DONO ILLIMITATO CHE FA RISORGERE :
IL QUARTO CANTO DEL SERVO – Is 52,13-53,12
Il brano ha suscitato un grande dibattito circa l’interpretazione: chi è il Servo? Israele deportato e poi tornato in patria? L’Unto del Signore, il Messia? La sua morte è sostitutiva o partecipativa? Ci sono popoli forse che non sperimentano il dolore? O parlando della persone: che non muore? Le ambiguità delle traduzioni: è stato trafitto per noi o da noi? L’ebraico significa “da”, dalle nostre colpe.
Concentriamoci sul testo e sull’interpretazione del NT che cita il brano attribuendolo alla Morte redentrice di Gesù e alla sua Risurrezione non in chiave sostitutiva (al posto nostro), ma nella prospettiva partecipativa (del dono) colpito dalle nostre iniquità, ha condiviso il dramma del colpevole, pur essendo innocente; quell’evento ci guarisce e ci ricrea. Egli si lascia opprimere (1Pt 2,21-25); portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce (li azzerò morendo). Inizia per noi la risalita della guarigione; Gesù sarà custode e Pastore delle nostre vite.
- L’oracolo divino – Is 52,13-15
Si comincia con l’oracolo divino che offre la chiave interpretativa del dramma e dell’esito del Servo che nessuno avrebbe mai previsto e a stento creduto. All’umiliazione e all’annientamento, per intervento divino, segue l’esaltazione del Servo, portato nella condizione divina. Il fatto inaudito non sta nelle sofferenze e nella morte; la novità assoluta dovuta all’intervento di Dio che lo glorifica. Un evento mai udito prima.
- Il profeta – Is 53,1-6
Ora il profeta narra la vicenda del Servo: la sua vita fallita, avvolta di sofferenze la sua Morte e sepoltura. La sua esistenza ha conosciuto una terra arida, un contesto avverso; sperimentò una vita di stenti e finì i suoi giorni nel dramma più ignominioso. La storia lo liquiderà con un giudizio infame: “fu castigato da Dio”! Il servo non conobbe nessuna solidarietà, soltanto buio fitto; nessuno lo ha riabilitato. A questo punto il profeta emette il verdetto opposto, una sentenza e la sua rivalutazione: il motivo della sua condanna va ricercata nella nostra malvagità (v 5). Il “noi” dei contemporanei non comprese nulla di quella storia.
V 4: pensavano: “Dio lo ha colpito, ha fatto giustizia di un malfattore”. In realtà, il profeta ribadisce che il Servo fu colpito dalle nostre iniquità (v 5). L’inaudito? Per questa via egli ci ha partecipato la pienezza dei beni divini (pace-Shalom), che ci guariscono e ci faranno risorgere (vv 5-6).
- Passione, morte, sepoltura e glorificazione del Servo – Is 53,7-10
Un commentatore successivo approfondisce la passione, la morte, la sepoltura e la glorificazione del Servo, ma soprattutto l’opera di Dio, come risposta al sacrificio del Servo. Il profeta anonimo denuncia che molti hanno letto con superficialità la vicenda sfortunata del Servo e continuano ad applicare maldestramente la legge retributiva dicendo: “Egli ha ricevuto il giusto castigo”. In realtà “Si lasciò opprimere dalle nostre malvagità (v 8), ha sofferto in silenzio, come un agnello condotto al macello” (cf 1Pt 2,21-25; At 8,33). La sua condanna fu ingiusta e lo seppellirono con gli empi (v 9; cf Lc 22,37), nella fossa dei senza nome, dei giustiziati.
Sul v 10 è necessaria una precisazione, perché si tratta di un’affermazione delicata: “JHWH ha voluto prostrarlo con dolore”. La traduzione corretta invece è: “JHWH ha gradito la sua offerta”. Dio non chiede il pagamento con la moneta del dolore; Isaia usa un verbo afez, che indica gradimento. In altre parole, Dio raccoglie la vita disprezzata e annientata del Servo, la apprezza perché è il dono totale e diventa l’opera per la nostra espiazione; dunque vedrà una discendenza ricca di Frutto. Ma chi comprenderà questa vicenda? (Gv 12,37-50): la maggioranza dei contemporanei di Gesù non capiranno e l’evangelista cita Isaia 6,9ss. Positivamente troviamo la risposta in Gv cap 3,16: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio Unigenito”. E nel passo in cui il Figlio esplicita: “Io do la mia vita … Nessuno me la toglie”(Gv 10,17-18).
- Un secondo oracolo divino fa da cornice – Is 53,11-13
Dio stesso interpreta definitivamente l’operato del Servo. La vita del servo, la sua sofferenza e morte, sono l’intercessione incessante per i peccatori. Si ripropone il tema che attraversa tutta la rivelazione: il Servo non solo ha sofferto a causa nostra, ma prega per noi: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Così Gesù chiude la sua vita (Lc. 23,34).
Invece della retribuzione e della rappresaglia vendicativa, la vicenda misteriosa del Servo che si compie veramente in Gesù. Dio fedele alle sue promessa fa grazia. Per quella morte noi tutti siamo salvati, Dio manifesta il suo amore illimitato. Nel suo servo Gesù si fa anche intercessore di coloro che lo torturarono e lo uccisero. Dio, in Gesù risponde all’ingratitudine con la benevolenza infinita.
Veramente le quattro composizioni del Servo descrivono e si compiono in Gesù di Nazaret, Messia, Figlio di Dio e salvatore del monto. Dio mandò il suo Figlio perché noi ricevessimo la sua vita.